Toh, anche l’Italia ha fretta di sbarcare in Libia

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di Salvo Barbagallo

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Mentre tutto il Paese e lo stesso governo è mobilitato (secondo i mass media, ma l’interesse sarebbe tutto da verificare) sulla questione delle “unioni civili”, c’è chi con il premier Matteo Renzi ritiene (e, a quanto pare, ritenuto più che opportuno) di occuparsi del “problema Libia”. Come ha scritto il quotidiano La Repubblica ieri (25 gennaio) L’Italia è pronta ad azioni militari: se sarà necessario, agiremo con i nostri alleati, su richiesta del governo di Tripoli e nel quadro dettato dalle risoluzioni dell’Onu (…) Ogni azione degli americani è concordata con noi”. La sintesi che arriva da Palazzo Chigi dopo la notizia dell’accelerazione dei piani d’attacco Usa in Libia svela la sostanza del “patto” (…).

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Pronti per la libaGuarda caso il giorno prima (domenica 24 gennaio) su queste colonne avevamo scritto: “Gli Usa ora hanno fretta di andare in Libia” – L’Isis avanza e solidifica la sua presenza nella Sirte e ora gli Stati Uniti hanno fretta di scendere in campo direttamente con le sue truppe. Probabilmente si attende un “via libera” da parte del nuovo governo di coalizione libico; una condizione necessaria per “giustificare” le operazioni belliche contro il Califfato jihadista in un territorio ancora in pieno caos nazionale, soggetto a spinte contrastanti. Il capo del Pentagono USA, Ashton Carter, poco più di 24 ore fa, ha dichiarato: Stiamo facendo di più, perché c’è bisogno di fare di più se vogliamo sconfiggere l’Isis. Sono sicuro che ce la faremo e per questo dobbiamo accelerare e contravvenendo a una linea strategica precedente ha sottolineato che le forze americane sul terreno ci saranno non solo con l’obbiettivo di intensificare la lotta per sconfiggere il Daesh/Isis, ma perché la loro funzione sarà strategica e mirata all’assistenza delle forze locali. Ancge il capo dello stato maggiore congiunto delle forze armate statunitensi, Joseph Dunford, ha sostenuto che è necessaria un’azione militare decisiva per fermare la diffusione dello Stato islamico in Libia (…) Quindi credo che i leader militari come il segretario della Difesa e il presidente debbano trovare una via da percorrere per affrontarne l’espansione (…) Si vuole intraprendere un’azione militare decisiva per controllare l’espansione dell’Isis e allo stesso tempo si vuole fare un modo di supportare un processo politico a lungo termine (…).

Repubblica di ieri ha sottolineato: Vogliamo seguire una road map che è chiara, è nota a tutti ed è ragionevole, dicono fonti vicine al presidente del Consiglio, e che potrebbe dunque concretizzarsi nel giro di due, tre settimane. È una linea perfettamente concordata con gli Stati Uniti, che gli altri alleati conoscono perfettamente (…). Niente di nuovo, dunque. Neppure l’ipocrisia “diplomatica”. Niente di nuovo anche per quanto riguarda la “sudditanza/alleanza” dell’Italia agli USA, dimenticando (o volutamente ignorando) pure che la settimana scorsa Parigi i rappresentanti di sei Paesi della coalizione anti-Isis (Francia, Australia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti) si sono riuniti e si sono fortemente impegnati ad agire insieme, con tutta la coalizione, per accelerare e intensificare le operazioni militari in Libia. E tenuto conto che truppe speciali sarebbero già in Libia, come ha sostenuto Guido Ruotolo sul quotidiano La Stampa il 21 gennaio scorso: Le intelligence e le truppe speciali alleate sono già in Libia, a Bengasi e a Misurata, le due città chiave (insieme a Zintan) per qualsiasi offensiva libica contro l’Isis, che occupa Sirte, la città di Muammar Gheddafi, e che è presente a Derna, Bengasi, l’area dei terminal petroliferi della Cirenaica (da Sydra a Ras Lanuf). E poi a Sabratha e nella stessa capitale Tripoli. Gli 007 francesi, inglesi e americani stanno lavorando per pianificare un’offensiva militare degli alleati. E secondo indiscrezioni che circolano negli ambienti diplomatici sarebbero presenti in Libia anche reparti speciali inglesi. Così come, riferiscono ambienti militari, reparti ad hoc americani sono presenti a Tripoli.

Amx in voloUn tira-e-molla d’informazioni (che vengono chiamate “indiscrezioni”) che potrebbero disorientare chiunque (e forse ci riescono), o che potrebbero tendere a “preparare” i più all’apertura di un eventuale, nuovo fronte bellico a due passi da casa nostra. A quanto risulta i quattro cacciabombardieri AMX dell’Aeronautica militare italiana trasferiti a Trapani non si sarebbero alzati in volo, anche se la base siciliana starebbe in stato d’allerta, forse in attesa del “via libera” alle operazioni.

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